11 agosto 2010
Buon Ferragosto
La redazione di Cives si concede un periodo di riposo ferragostano,
10 agosto 2010
Che fare di Cremonacityhub?
Con l’idea di “Cremonacityhub” il Comune ha lanciato un progetto ambizioso, con l’intento di “identificare le linee guida del futuro di Cremona”, invitando le categorie imprenditoriali e professionali ad avanzare proposte in merito agli obiettivi e agli interventi da realizzare. Da parte sua, l’amministrazione intende puntare alla qualità, “favorendo l’insediamento di aziende e attività legate al terziario avanzato e l’avvento della società della conoscenza e della informazione”.
L’approccio al problema è senz’altro apprezzabile, tanto che l’abbiamo auspicato nel nostro post del 18 marzo Per un programma di sviluppo urbano, in cui abbiamo riferito degli indirizzi europei di politica urbana, che attribuiscono alle città il ruolo di motori di crescita dell’economia, dell’occupazione e della competitività; e degli appositi progetti dell’Unione Europea (gli Urbact) che diverse città italiane hanno adottato.
Cogliamo ora l’occasione, non per fare nostre proposte, ma per segnalare le caratteristiche di due progetti, approvati con un Piano integrato urbano di sviluppo sostenibile (Piuss)dai comuni di Arezzo e di Lucca.
Il Piuss del comune di Arezzo punta su quattro direttrici strategiche: la cultura, la competitività, la coesione sociale, l’ambiente urbano. E individua sei ambiti urbani, in cui sono collocati gli interventi:
– Fortezza Medicea: polo ricreativo (enogastronomia, esposizioni ed eventi). Rifunzionalizzazione del complesso storico a sostegno di un’offerta nei settori della promozione del folclore e dell’eno-gastronomia, della musica.
– Piazza Grande: città della musica e polo fieristico. La Piazza e il Palazzo di Fraternita, sedi del festival e della Città della Musica, il Centro congressuale europeo per l’attrattività dei talenti, nonché sale per concerti ed esposizioni a S. Ignazio e alle Logge del Vasari (Liceo Musicale come progetto correlato);
– Caserme Cadorna: la cerniera della città e dell’alta specializzazione. La riconversione delle vecchie caserme è il punto di incontro tra sistema della cultura e sistema produttivo, con la nuova centro del design (il Gold and Fashion Building), la Casa delle Culture, il mercato alle Logge del Grano, l’Urban Center (sportello unico al cittadino e alle imprese come progetto correlato).
– quartiere Pescaiola: la città integrata e innovativa: Recupero dell’ex mercato ortofrutticolo per il Polo Digitale Applicato (servizi alle imprese) in connessione con il vicino Centro Affari e le aree strategiche del piano strutturale (l’Innovation Building è progetto correlato), nonché servizi sociali;
– quartiere Saione: la porta del centro consta di piccoli interventi di riqualificazione dell’ambiente urbano tramite il miglioramento dell’offerta commerciale e sociale;
– la città accogliente: cittadinanza sociale e qualità urbana nel centro storico: una serie di interventi a carattere sociale (Centro Alzheimer, spazio famiglia, asilo nido, Informagiovani), di rivitalizzazione degli spazi pubblici, di servizi turistici (museo telecomunicazioni).
Il costo previsto è di circa 35 milioni con un finanziamento pubblico del 50%.
Il Piuss di Lucca comprende 14 progetti, di cui quattro sono inseriti nel recupero dell’ex Manifattura tabacchi:
– il Centro per lo sviluppo e l’insediamento di imprese ad alta innovazione tecnologica, per applicazioni tecnologiche rivolte ai beni culturali, all’intrattenimento e alle arti liberali;
– strutture per l’alta formazione connesse al trasferimento tecnologico;
– piazze attrezzate ad aree mercatali;
– un Centro di competenza per le nuove professionalità.
Altri progetti riguardano:
– un Centro congressi nella ex caserma Lorenzini;
– il terminal per bus turistici al parcheggio Palatucci;
– un Centro accoglienza turistica nell’ex Cavallerizza;
– la ristrutturazione del Teatro del Giglio.
Ci sembra che in questi casi sia stato colto lo spirito dei progetti di “rigenerazione urbana”, messi a punto dall’Unione Europea nella Carta di Lipsia del 2007.
Come si vede, niente centri commerciali e niente residenze, ma innovazione, tecnologia e servizi sociali necessari.
9 agosto 2010
Considerazioni sul terzo ponte (5)
In questa parte conclusiva dello studio, Massimo Terzi propone alcune ipotesi alternative al collegamento autostradale tra la zona portuale di Cremona e il casello di Castelvetro Piacentino. Soluzioni diverse che possono, nell’immediato, rendere inutile il collegamento e predisporre un graduale programma di avvicinamento ad un assetto più economico e meno impattante.
Le proposte alternative sono fondate sulle seguenti fondamentali:
a – l’intoccabilità del comprensorio golenale a cavallo del Po;
b – l’uso urbano del ponte in ferro esclusivamente per il traffico automobilistico leggero;
c – il trasferimento di tutto il traffico pesante sulle circonvallazioni e sull’autostrada, con i conseguenti miglioramenti della viabilità a Castelvetro;
d – il trasferimento del casello di Castelvetro Piacentino più a meridione (come previsto nella variante recentemente depositata);
e – la convergenza e necessità di unificazione della S.P. n. 588 e della S.P. n. 462 sulla collocazione di questo nuovo casello;
f – Il collegamento tra la statale n. 10 e la localizzazione del nuovo casello.
La prima proposta, percorribile a breve, è di liberalizzare il tratto tra i caselli di Cremona e di Castelvetro, creando due distinti flussi in uscita a Cremona: uno per i pendolari provenienti da Castelvetro (che non pagano), l’altro per chi proviene dalle altre direzioni (con obbligo di pagamento del pedaggio).
Una soluzione ancor più valida sarebbe quella di liberalizzare completamente e definitivamente in entrambi i sensi, con modalità da convenzionare, il tratto Cremona-Castelvetro, in modo che diventi praticamente una superstrada senza pedaggio, praticabile come viabilità ordinaria, da rendere comunque obbligatoria per i mezzi pesanti che attraversano il Po.
Questa proposta ha il difetto di definire un percorso più lungo per i mezzi che raggiungono da sud la zona industriale, ma è certamente la soluzione più rapida e meno costosa, oltre che la meno devastante per le aree ecologicamente pregiate lungo il Po.
La soluzione prospettata acquisterebbe una conferma logica, nel caso l’autostrada Mantova-Cremona prevedesse la realizzazione della “gronda nord”. C’è poi da considerare che il tratto autostradale Castelvetro-Cremona, una volta liberalizzato, potrebbe svolgere la funzione di gronda meridionale che, ruotando intorno alla città, renderebbe inutile un nuovo asse in funzione di “strada sud”.
In tempi più maturi e finanziariamente più favorevoli, qualora non fosse più possibile usare la liberalizzazione dell’autostrada, la soluzione prospettata potrebbe evolvere, prevedendo una infrastruttura che sfrutti quella già esistente per Gerre-Bosco ex Parmigiano e, affiancandosi all’autostrada, attraversi il fiume con un nuovo ponte parallelo, per poi immettersi sulla S.S.n. 10 sulla sponda piacentina.
La seconda proposta riguarda la realizzazione della “gronda nord”. L’adesione (a malincuore) a questa soluzione dipende dalla opportunità di raccogliere in questa unica posizione tutti i pricipali flussi est-ovest che attraversano il territorio comunale di Cremona, alleggerendo il traffico cittadino e collegando le principali funzioni insediative della città (Fiera, aree industriali, Porto Canale, scalo merci di Cavatigozzi, insediamento produttivo lungo l’asta del canale fino al terminal di Pizzighettone).
La terza proposta è un percorso alternativo, che utilizza la viabilità esistente fra Maleo-Meleti-Castelnuovo Bocca d’Adda, con il passaggio sul ponte del Po a S. Nazzaro e dell’Adda a Crotta. Si tratta di un itinerario raggiungibile dalla A21 (da un nuovo casello o dal casello di Caorso), che utilizzando la S.S. n. 234 da Crotta d’Adda per Acquanegra Cremonese arriva alle spalle della zona industriale di Cremona, senza passare dalla città ed entrare in Cavatigozzi.
Per la funzionalità piena di questo percorso è necessario ricalibrare il tratto dopo il ponte di
S. Nazzaro fino a Castelnuovo Bocca d’Adda e realizzare la sua circonvallazione; (interventi sicuramente realizzabili in tempi accettabili e meno impegnativi) tenendo presente che si realizzerebbero delle interessanti sinergie con gli attuali poli attrezzati per la logistica che stanno sorgendo in località Caorso e Monticelli.
In questa direzione è già percorribile comodamente, con leggeri aggiustamenti, il tratto Pizzighettone-Codogno che può essere trasformato ed adattato in una sorta di superstrada (che può costituire per i Cremonesi una validissima sostituzione del percorso automobilistico che attualmente viene fatto per raggiungere a Piacenza la suddetta autostrada con direzione Milano) e che potrebbe servire la già ipotizzata localizzazione degli insediamenti produttivi lungo il Canale Navigabile, che individuano il loro terminal in località Tencara nel territorio di Pizzighettone.
Per quanto riguarda Castelvetro, i percorsi alternativi possono utilizzare la viabilità fra Maleo-Meleti-Castelnuovo Bocca D’Adda, con il passaggio sul ponte del Po a S. Nazzaro e dell’Adda a Crotta. Si tratta di un itinerario passibile di razionalizzazione, raggiungibile dalla A21 nei pressi di Caorso e che, da Crotta d’Adda, utilizzando la S.S. n. 234 per Acquanegra Cremonese, arriva alle spalle della zona industriale di Cremona, senza passare dalla città.
Per i TIR, oltre al percorso sulla A21, si può pensare ad una circonvallazione che passi in fregio alla linea ferroviaria Cremona-Fidenza-Piacenza, per arrivare all’attuale ponte sul Po e riutilizzare la parte del sedime del ponte ferroviario dismesso, con pile già realizzate, per creare una nuova corsia di uscita. (5 – fine)
7 agosto 2010
Ma lo sviluppo non passa dal mattone
Sarà per l’influenza della vecchia massima francese – quand le bâtiment va tout va – sarà che viene reputato il modo più facile per crescere, il fatto è che nessun comune sembra resistere all’attrattiva del mattone e agli oneri di urbanizzazione che assicurano qualche entrata alle casse comunali, mediante nuove aree edificabili, piani di lottizzazione, recuperi di aree dismesse. Ma non sempre i conti tornano, anche per i bilanci comunali, come informa La Provincia del 3 luglio, riferendo le preoccupazioni dell’assessore Nolli per il crollo delle entrate per oneri, passati da 4,8 milioni nel 2008 a 2,6 nel 2009, previsti in 1,9 alla fine del 2010.
Eppure, i segnali di allarme sulla situazione del mercato immobiliare di Cremona non sono mancati. Oltre all’analisi di Luca Ferrarini su Cives e su Cronaca, il numero di dicembre 2009 di Uppi Informa (periodico dell’Unione piccoli proprietari immobiliari) aveva segnalato che il 13% degli appartamenti di Cremona era sfitto, rispetto ad un valore fisiologico del 5%, e che, prima di favorire investimenti in nuove costruzioni, sarebbe stata opportuna una politica diretta al recupero e alla ristrutturazione dell’esistente. Considerato che ogni residente di Cremona dispone in media di due stanze e mezza.
Nelle ultime settimane, a causa delle difficoltà dell’edilizia, il problema è stato ripreso dai giornali. Cronaca del 12 maggio segnala i tempi da lumaca necessari per vendere una casa a Cremona: 227 giorni in media, all’ultimo posto in Italia, al pari di Isernia ed Avellino. Uno studio di Legambiente, riportato ancora da Cronaca il 19 luglio, riferisce che la superficie urbanizzata pro capite in provincia di Cremona è tra le più alte della Lombardia. E le agenzie immobiliari dichiarano una flessione dei valori immobiliari, dovuto ad un’offerta superiore alla domanda.
Nonostante questa situazione, nuove proposte di aree edificabili vengono avanzate dall’amministrazione comunale, in relazione a progetti di recupero di aree dismesse (area annonaria), o a “programmi integrati” (Morbasco sud). Può darsi che l’intenzione del comune sia anche quella di sostenere l’occupazione del settore edile, diminuita del 15% tra il 2008 e il 2010, con un aumento della cassa integrazione di oltre il 300%. Ma, a questo proposito, lo stesso sindacato di categoria Fillea-Cgil (si veda Cronaca del 23 luglio) mette in dubbio l’efficacia di questa politica, considerato che “sono ancora invenduti gran parte degli appartamenti realizzati nell’area dell’ex Consorzio agrario o in via del Sale.
Purtroppo, nella elaborazione degli strumenti urbanistici, non si è tenuto conto di dati demografici ed economici che non suggerivano ipotesi di crescita, sia di Cremona sia del suo intorno. A meno che non si fossero impostati progetti di sviluppo urbano, capaci di attrarre investimenti e occupazione in settori innovativi.
L’amministrazione precedente ha fatto scelte di tipo keynesiano, puntando su lavori pubblici che non hanno avuto ritorni. Se l’amministrazione nuova vuole cambiare politica non può puntare sul mattone, che ha un effetto ciclico in fasi di sviluppo. Deve scommettere su progetti di sviluppo urbano diversi dai centri commerciali e dalla residenza. Piuttosto, per evitare il degrado ulteriore del centro storico e delle periferie potrebbe essere utile un’agenzia di “riurbanizzazione” , che privilegi l’acquisizione e il recupero delle duemila case che attendono di essere reinserite in un circuito vitale.
5 agosto 2010
Dalla city al suk?
Un anno fa Silvio Lacchini, in una lettera alla Provincia (9 luglio 2009), aveva richiamato l’attenzione sui punti di un programma idoneo a favorire lo sviluppo di un turismo culturale a Cremona. Uno dei punti era il ridimensionamento e la riqualificazione del mercato ambulanti, un mercato debordante, non certo esempio di terziario avanzato, che attira le donne cremonesi ma che non può considerarsi una attrattiva per i turisti, almeno così com’è. Nell’occasione, Cives aveva rievocato il progetto di Zaffanella di spostare il mercato al Foro boario e come, nonostante avesse avuto il consenso degli ambulanti, non avesse potuto attuarsi per la contrarietà dell’associazione commercianti.
A distanza di un anno, le associazioni dei commercianti cremonesi – Ascom e Confesercenti – ritornano protagoniste a proposito dello spostamento delle bancarelle da via Monteverdi, necessario per consentire un agevole accesso al parcheggio di piazza Marconi ed una comoda fruizione del nuovo Museo del violino di Palazzo dell’Arte. Per la Confesercenti i banchi sono addirittura “intoccabili”, mentre per l’Ascom lo spostamento non è un tabù, anzi il mercato andrebbe ripensato tenendo presenti gli interessi delle diverse attività commerciali e turistiche.
Che le associazioni dei commercianti ragionino prevalentemente o esclusivamente nell’interesse dei propri associati è senz’altro comprensibile. E’meno comprensibile che il Comune si affidi ad un accordo tra le categorie per risolvere un problema urbanistico che riguarda l’intera Cremona e, in particolare, le funzioni che si intendono affidare al suo centro storico.
Cremona ha sofferto da decenni le incertezze di una politica urbanistica che ha isolato il centro e allontanato le funzioni tradizionali; ora che si è fatta una scelta innovatrice, con il parcheggio sotterraneo (sia pure ridotto), con il recupero del Palazzo dell’Arte e con la decisione di mantenere pedonale la piazza Marconi, sembra chiaro che il mercato ambulanti va integralmente ripensato, nella collocazione, nelle dimensioni, nelle modalità merceologiche ed estetiche. Lo spostamento delle bancarelle da via Monteverdi è solo un particolare, ma è importante per verificare chi esercita la sovranità sulle strade cittadine e per dimostrare che si vuole aprire il centro storico alle nuove funzioni culturali e turistiche. A meno che non ci si rassegni alla sua graduale trasformazione da city a suk.