Con questo titolo come messaggio pubblichiamo il commento di Franco Vaiani, inviatoci il 21 marzo
Ho apprezzato molto le parole del Presidente Piva e del Presidente De Castro e cerco di convincermi che è iniziata una nuova tendenza circa l’esigenza legittima per gli agricoltori di fare reddito. Fino ad ora mi era parsa irreversibile la corsa alle energie alternative, la qual cosa mi preoccupava e mi preoccupa. Sono consapevole che il nostro Paese è deficitario in quanto a indipendenza energetica, quindi sono favorevole alla ricerca di nuove fonti: sono favorevole all’eolico, al solare, ancora di più all’idroelettrico se si vuole affrontare e risolvere davvero il problema.
Ma l’altro motivo di preoccupazione (riprendo un mio pensiero di qualche mese fa), è quello della devastazione del paesaggio e della più specifica nostra cultura contadina. Grandi pale che giganteggiano sulle belle colline meridionali e non solo, grandi specchi al posto dell’erba verde o del frumento su terreni fertili (stiamo depauperando una delle poche fortune di questa pianura), specchi persino sui tetti dei nostri centri storici, specchi ed enormi palloni a fianco delle poche e belle cascine cremonesi ancora in attività. Mi domando ancora, perché questi impianti non sono realizzati (e autorizzati) solo in posti appropriati come ad esempio le aree industriali dismesse o anche quelle in attività e che già hanno una vocazione più compatibile o comunque in luoghi o su strutture meno rilevabili. Altro che “fattorie ecologiche”, questo è davvero abusare del termine nobile di ecologia e ambiente. Quindi i temi sono due e la loro relazione richiede molta attenzione: il bene terra e il bene ambientale.
Ancora Paolo De Castro nel giugno 2010 a Cremona diceva: “ aumenta la domanda di cibo, la produzione è insufficiente”, ..“bisogna lavorare sull’immissione del prodotto sul mercato, altrimenti i marchi risultano inutili e non si traducono in reddito” (citazioni dalla Provincia del 26 giugno 2010). Questa è una risposta, la seconda più recente è : “produzione al centro”. Quindi far tornare la nostra agricoltura al ruolo che le compete è un dovere, altro che campi ecologici, il settore primario deve contribuire a sfamare i 9 miliardi di persone che nel 2050 popoleranno la terra.