Cives Cremona

22 marzo 2012

“Produzione al centro”

Filed under: Economia — Cives Cremona @ 07:00

Con questo titolo come messaggio pubblichiamo il commento di Franco Vaiani, inviatoci il 21 marzo

Ho apprezzato molto le parole del Presidente Piva e del Presidente De Castro e cerco di convincermi che è iniziata una nuova tendenza circa l’esigenza legittima per gli agricoltori di fare reddito. Fino ad ora mi era parsa irreversibile la corsa alle energie alternative, la qual cosa mi preoccupava e mi preoccupa. Sono consapevole che il nostro Paese è deficitario in quanto a indipendenza energetica, quindi sono favorevole alla ricerca di nuove fonti: sono favorevole all’eolico, al solare, ancora di più all’idroelettrico se si vuole affrontare e risolvere davvero il problema.
Ma l’altro motivo di preoccupazione (riprendo un mio pensiero di qualche mese fa), è quello della devastazione del paesaggio e della più specifica nostra cultura contadina. Grandi pale che giganteggiano sulle belle colline meridionali e non solo, grandi specchi al posto dell’erba verde o del frumento su terreni fertili (stiamo depauperando una delle poche fortune di questa pianura), specchi persino sui tetti dei nostri centri storici, specchi ed enormi palloni a fianco delle poche e belle cascine cremonesi ancora in attività. Mi domando ancora, perché questi impianti non sono realizzati (e autorizzati) solo in posti appropriati come ad esempio le aree industriali dismesse o anche quelle in attività e che già hanno una vocazione più compatibile o comunque in luoghi o su strutture meno rilevabili. Altro che “fattorie ecologiche”, questo è davvero abusare del termine nobile di ecologia e ambiente. Quindi i temi sono due e la loro relazione richiede molta attenzione: il bene terra e il bene ambientale.
Ancora Paolo De Castro nel giugno 2010 a Cremona diceva: “ aumenta la domanda di cibo, la produzione è insufficiente”, ..“bisogna lavorare sull’immissione del prodotto sul mercato, altrimenti i marchi risultano inutili e non si traducono in reddito” (citazioni dalla Provincia del 26 giugno 2010). Questa è una risposta, la seconda più recente è : “produzione al centro”. Quindi far tornare la nostra agricoltura al ruolo che le compete è un dovere, altro che campi ecologici, il settore primario deve contribuire a sfamare i 9 miliardi di persone che nel 2050 popoleranno la terra.

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20 marzo 2012

Dall’agricoltura: cibo o energia?

Filed under: Economia — Cives Cremona @ 21:22
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La rassegna Bioenergy Italy, organizzata da Cremona Fiere, ha presentato tutte le opportunità offerte all’agricoltura dall’impiego delle energie rinnovabili: biogas da reflui zootecnici; energia dagli scarti agroalimentari; biogas dalle bietole; bioplastiche; fotovoltaico.
Nel corso della rassegna, è stata anche rimarcata esplicitamente l’esigenza di conciliare la produzione di cibo – funzione primaria dell’agricoltura – con la produzione di energia. “Il nostro obiettivo principale – ha detto in apertura il presidente di Cremona Fiere Antonio Piva – è e resta quello di fare agricoltura e produrre cibo. Le agroenergie sono solo una forma intelligente di integrazione del reddito, legata principalmente all’impiego di scarti e sottoprodotti di lavorazione”. Altrettanto chiaro il presidente della Commissione agricoltura dell’Ue, Paolo De Castro: “La politica agricola comune non può diventare politica ambientale comune…Biogas e biomasse non vanno demonizzati, ma bisogna prestare attenzione all’occupazione del suolo e differenziare gli incentivi in base ai prodotti utilizzati”.
Nella pratica, il conflitto di interesse tra cibo ed energia è tuttavia latente. Contribuiscono ad alimentarlo i generosi incentivi agli agricoltori e l’asse che si è formato tra impiantisti e istituti di credito. In una recente riunione di allevatori, il presidente dell’Associazione allevatori di Milano e Lodi, Paolo Ciceri, ha denunciato il fatto, sostenendo che “negli ultimi anni c’è stata la tendenza a finanziare maggiormente fotovoltaico e biogas, anche con mutui facili al 100%”. Ciò dimostra che le agroenergie, anche usando correttamente il suolo e la materia prima agricola, possono concorrere rispetto agli impieghi bancari e avere effetti negativi sulla produzione tradizionale.
Tali pericoli non sono poi così remoti. Come argomenta Leonardo Maugeri, nel libro già citato (Con tutta l’energia possibile, Sperling&Kupfer), gli effetti di una conversione massiccia delle colture agricole alla produzione di agroenergie potrebbe fare aumentare i prezzi degli alimenti necessari all’uomo e dei mangimi animali. Purtroppo tale conversione “si sta diffondendo in molti Paesi, soprattutto a causa di sussidi pubblici irragionevoli che alimentano speculazioni selvagge”. “Dal 2005 – continua Maugeri – la produzione di molti beni agricoli, di cereali in particolare, è cresciuta più della domanda per usi alimentari…Il problema dello spiazzamento alimentare provocato dai biocarburanti resta quindi sullo sfondo come una nube minacciosa”.

 

5 marzo 2012

Troppi sprechi nel fotovoltaico

Filed under: Economia — Cives Cremona @ 22:27

Lo Speciale Ecologia, allegato alla Provincia del 25 febbraio, ha dedicato particolare attenzione all’energia alternativa ricavata dal sole, con articoli redazionali e con inserti pubblicitari che illustrano i vantaggi dei pannelli fotovoltaici, quegli “specchi” che catturano l’energia primaria del sole e la trasformano in energia elettrica.
Secondo i dati forniti da Fondazione Impresa, nel 2011 gli impianti fotovoltaici sono raddoppiati e la potenza installata è più che triplicata. La Lombardia è ai primi posti per numero di impianti, ma la densità maggiore rispetto agli abitanti si trova in Trentino Alto Adige e in Friuli Venezia Giulia. Il successo di questi impianti è ascrivibile ai generosi incentivi garantiti dallo stato e scaricati sulla bolletta di tutti i consumatori di energia, cioè ad una tassa occulta accollata alla collettività. Come spiegano bene le inserzioni, un kit da 3 kw costa 7.800 euro e assicura una rendita di 1.519 euro per vent’anni; un kit da 4,5 kw costa 11.500 euro e dà una rendita di 2.120 euro annui; un kit da 6 kw costa 15.000 euro e dà una rendita annua di 2.830 euro.
Come mostrano le foto pubblicitarie, i pannelli possono essere installati sui tetti, ma anche in aperta campagna, comportando in questo caso una sottrazione di terreno alle colture agricole. E considerato che – secondo gli operatori – solo gli impianti di grandi dimensioni potranno sopravvivere senza incentivi (grid parity), si può immaginare il tipo di “riconversione colturale” che le aziende agricole potrebbero essere tentate di attuare.
Secondo il centro sudi californiano Ihs (ripreso dalla rivista La Freccia di febbraio), l’Italia ha superato la Germania per impianti fotovoltaici installati nell’anno 2011. “La chiave del successo sta nell’effetto degli incentivi italiani. Purtroppo, l’exploit riguarda solo l’acquisto e l’installazione di impianti fotovoltaici, non la produzione che si svolge prevalentemente in Cina”.
Nonostante la rapida diffusione degli impianti fotovoltaici siamo ancora molto lontani da una soluzione soddisfacente, come argomenta Leonardo Maugeri, uno dei massimi esperti mondiali di energia, nella nuova edizione del suo libro “Con tutta l’energia possibile” (*). “Grazie a questi incentivi, tra il 2008 e il 2010 l’Italia ha registrato un balzo nella capacità installata di fotovoltaico, accodandosi a un boom mondiale che tuttavia non ha intaccato la realtà dell’equazione energetica del pianeta”. Ma “rimane il problema del costo dell’energia solare che rimarrà fino a quando la tecnologia non colmerà le lacune dei sistemi attuali”. Ma “la porta è stretta e si stanno commettendo molti errori. A mio avviso – scrive Maugeri – si sprecano troppi soldi pubblici e privati per favorire la diffusione dei sistemi esistenti rispetto a quanto si dedica alla ricerca e allo sviluppo tecnologico”…”Così rischiamo di perdere un altro treno, quello della vera rivoluzione energetica del ventunesimo secolo”.
Regalando rendite ai privati e fatturato ai cinesi.

(*) Leonardo Maugeri, Con tutta l’energia possibile, Sperling & Kupfer, 2011

17 novembre 2011

Coccodrilli alla Popolare

Filed under: Economia — Cives Cremona @ 15:25

Asciutte note di cronaca accompagnano la mesta conclusione della vicenda Banca Popolare. L’ultima, sulla Provincia di oggi, informa che, in vista dell’assemblea del Banco di Verona del 26 prossimo, la lista del nuovo consiglio di amministrazione è ormai quasi definitiva, ma che negli oltre venti consiglieri non ci sarà nessun rappresentante di Cremona e di Crema. A nulla sono dunque valse le pressioni esercitate lo scorso aprile dalla Camera di commercio di Cremona dirette alla creazione di una banca provinciale, da realizzarsi con la fusione della Cremona con la Crema. Come a nulla avevano portato le lamentazioni delle categorie economiche nell’aprile dello scorso anno, allorché il Banco aveva deciso la riduzione del numero dei consiglieri da 19 a 11, decisione che – a sentir loro – avrebbe “alterato gli equilibri tra le categorie” e “indebolito il territorio”. In quelle occasioni, allarmi e lamenti sapevano di lacrime di coccodrillo, in quanto la cessione della storica banca cooperativa era stata decisa dalle categorie da sempre dominanti sulla stessa, attratte dalla grande banca che Fiorani aveva architettato e dal cospicuo guadagno ottenuto dalla cessione delle azioni. Oggi, mestamente, i coccodrilli non piangono nemmeno più.

Post scriptum – Cives ha seguito con passione dal febbraio 2009 le vicende dalla Popolare. Il lettore può ripercorrere le nostre riflessioni, andando ai nostri post: La Popolare alla ricerca del tempo perduto Banca Popolare: gli interessi dei consiglieri e quelli del territorio La giravolta della Popolare Il territorio e le poltrone Un’associazione “Prima Banca” per la Popolare?

14 ottobre 2011

Quando il comune non fa il suo mestiere

Filed under: Economia — Cives Cremona @ 16:17

A proposito dell’eccessiva disinvoltura dei comuni nell’assumere rischi non pertinenti alla loro funzione (cui abbiamo accennato nel post di ieri), un articolo di Sergio Rizzo, sul Corriere Economia del 10 scorso, presenta il caso clamoroso dei “contratti derivati”, stipulati da molte amministrazioni comunali e provinciali nella speranza di ridurre l’onere degli interessi sui debiti contratti.
I “derivati” sono in pratica delle scommesse circa l’andamento del valore di un titolo (o di un indice). Sono strumenti della finanza creativa, che hanno conosciuto grande diffusione negli ultimi decenni, contribuendo alla crisi finanziaria internazionale e alla instabilità economica.
Agli inizi del millennio, la febbre dei derivati si è impadronita anche di molti enti locali con risultati disastrosi. L’articolo di Sergio Rizzo riporta in proposito i risultati di un’indagine della Corte dei conti, da cui risulta che le perdite presunte sui “derivati” di province e comuni è di oltre 885 milioni di euro, pari ad un costo aggiuntivo del 4,3% sul valore dei debiti, con punte di oltre il 10% in Piemonte, e Campania. In Lombardia si è stati più prudenti e il maggior costo è stato solo dello 0,64%.
Le scorrerie nel campo dei “derivati” hanno anche provocato numerosi esposti e conseguenti inchieste da parte di diverse procure.
“Ofelè fa el to mesté”, direbbero a Milano.

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